OCCORE BRUCIARE I SAPIENTI

 

La morte di Robert Faurisson è stata circondata da un silenzio assordante da parte dell’estrema destra che si vuole "decente" – cioè che non affronta soprattutto i soggetti considerati maledetti, come hanno deciso le leghe di virtù. Questo va dal borghesissimo Institut Iliade a quello che un tempo si chiamava la « Nuova Destra » (non vuole più sentir parlare di questa etichetta) e di un Rassemblement National la cui presidente Marine Le Pen è stata protetta dai nervi della Ligue de Défense Juive (Lega della Difesa Ebraica) durante la sua partecipazione alla manifestazione del CRIF (Consiglio Rappresentativo delle Istituzioni Ebraiche di Francia) nella primavera 2018.

Qual è stato il crimine di Robert ? Ha preteso di interrogarsi, di indagare sull’unico soggetto storico di cui le leghe della virtù hanno deciso che era vietato avvicinarsi. Il che ha indotto le menti oneste ad interrogarsi : ma come mai ? Cosa giustifica un tale tabù? In nome di quali interessi? Tali domande meritano di essere poste, indipendentemente dalle tesi sviluppate da Faurisson. Si tratta semplicemente della libertà di lavoro degli storici.

Lo aveva capito e detto la storica Annie Kriegel (1926-1955), di origine ebraica, che fu una ardente militante comunista in opere che crearono la Storia, come ha dichiarato lo storico Robert O. Paxton. Aveva preso una posizione coraggiosa contro la legge Gayssot, rimproverandole, in un articolo del giornale « Le Figaro » (3 aprile 1990) che fece gran rumore, di reintrodurre il delitto di opinione nel diritto francese. Scriveva: « Affidando al potere giudiziario il compito detestabile di sembrare perseguitare il delitto di opinione e di espressione, sperando nella concorrenza tra organizzazioni « antirazziste » un’ossessiva caccia alle streghe che presenta gli stessi eccessi delle cacce di questo tipo, nascondendosi dietro istituzioni ebraiche preoccupate per legittimare una insopportabile polizia ebraica del pensiero. Dovrebbe interrogarsi Michel Rocard in coscienza se non si presti ad una strumentalizzazione abbastanza ripugnante dei concetti di razzismo e di antisemitismo in vista di obiettivi poco confessabili ». 

La questione sollevata da Annie Kriegel ha lasciato delle tracce. In un articolo pubblicato sul giornale "L’obs" il 14 dicembre 2005, intitolato « Liberté Pour L’Histoire » (Libertà Per La Storia), famosi storici (Jean-Pierre Azema, ELizabeth Badinter, Jean-Jacques Becker, Francoise Chandernagor, Alain Decaux, Marc Ferro, Jacques Julliard, Jean Leclant, Pierre Milza, Pirre Nora, Mona Ozouf, Jean-Claude Perrot, Antoine Prost, René Remond, Maurice Vaïsse, Jean-Pierre Vernand, Paul veyne, Pierre Vidal-naquet, Michel Winock) scrivevano : « Lo storico non accetta niente dogma, non rispetta niente divieto, non conosce niente tabù. Lo storico non è la morale. Lo storico non ha il ruolo di esaltare o di condannare, ma spiega (... )In uno stato libero, non spetta né al parlamento né all’autorità giudiziaria definire la verità storica. È una violazione di questi principi che gli articoli di leggi successive - in particolare le leggi del 13 luglio 1990, del 29 gennaio 2001, del 21 maggio 2001, del 23 febbraio 2005 - hanno limitato la libertà dello storico, gli hanno detto, a pena di sanzione, quello che deve cercare, e quello che deve trovare, gli hanno prescritto dei metodi e stabilito dei limiti ». Questo testo deve essere un riferimento permanente per i combattenti della libertà.

 

Pierre Vial

Da Matteo Petrachi

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